martedì 17 maggio 2011

UN BRIVIDO SULLA SCHIENA DEL DRAGO | romanzo di Danilo Arona


Va detto subito che Danilo Arona scrive molto bene. Davvero molto bene.
A differenza di molti autori italiani sedotti, come lui, dalla narrativa horror, Arona non utilizza un "gergo" da narratore horror, evita in modo lodevole di scimiottare lo stile dei grandi d'oltreoceano. Critico letterario e cinematografico, questo scrittore alessandrino ancora ingiustamente poco conosciuto, nonostante il suo ormai monumentale contributo alla narrativa e alla fiction di genere pulp del nostro paese, utilizza per la sua narrativa uno stile molto personale, che non sceglie mai di raccontare in modo lineare lo sviluppo degli eventi, e che entra ed esce dall'introspezione soggettiva con una disinvoltura che lascia spiazzati. Leggere i suoi libri non è mai rilassante e facile, e non solo per i temi trattati. Arona, da scrittore intelligente, ama confrontarsi con l'intelligenza dei suoi lettori, mettendola alla prova, divertendosi spesso a sovvertire le atmosfere, i panorami, i contesti in cui costruisce le sue trame.

Detto questo, occorre anche notare come questo autore abbia compiuto delle scelte "poetiche" consapevolmente estremiste, che lo espongono ad una di certo consapevole possibilità di risultare irritante. Intanto Arona si cura poco della verosimiglianza delle sue storie. Interessato com'è a stressare gli eventi è disposto a sacrificare la sospensione dell'incredulità del lettore, pur di tirare colpi bassi, e mostrare alla luce del sole tutte le interiora e le marcescenze che gli riesce di disseppellire. Altra cosa, a parer mio meno perdonabile, è di contaminare troppo la sua vena creativa con una misantropia verosimilmente radicata nel suo carattere: si capisce lontano mille miglia che Arona è un "selvatico", un orso, uno di quelli che ama poco i prossimi suoi, e che magari se lo si avvicina al bar per scambiare due parole ti ripaga con un paio di grugniti per rinsaldare le distanze. D'accordo, non lo conosco, sto solo speculando, ma si intuisce tutto questo dalla scarsa affezione di questo scrittore per tutti (senza eccezioni) i suoi personaggi, che tratta con distacco. Li sa raccontare bene, li rende credibili, ma giusto quanto basta per farli finire in maniere tragiche: l'autore non ama i suoi personaggi, e li tratta di conseguenza. Non si commuove per la loro sorte, non li lascia respirare il tempo necessario per permettere al lettore di trepidare per il loro destino.

E così veniamo a questo piccolo romanzo di horror estremo che è UN BRIVIDO SULLA SCHIENA DEL DRAGO. Storia scombiccherata e sgangherata oltremodo, nata probabilmente come pretesto per mettere insieme delle piccole novelle, o meglio, dei flash narrativi, appiccicati l'un l'altro con uno strampalato ordine logico/cronologico. Tutto questo si vede e si coglie, per cui dopo un po' non ci si sforza più di mettere insieme tutti gli anelli di una trama intrigante, certo, ma troppo smagliata per essere pienamente apprezzata.

Detto questo, i singoli flash narrativi, gli episodi grandi e piccoli che si susseguono in modo inatteso e spasmodico, spaziando dall'horror più atmosferico allo splatter più brutale, sono tutti, a modo loro, intriganti, e lasciano il segno molto più che non lo "sguardo d'insieme".

Una lettura diversa dal solito, certamente non leggera e non svagante, resa anche un tantino difficile dall'edizione, che consegna il romanzo ad un volumetto formato breviario, con caratteri piccoli, eccellenti per testare lo stato della propria presbiopia.

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